La pentola magica

La pentola magica

Una pentola non metaforica. Di terracotta, piena di documenti. Al centro di un'altra foto ricordo. Nelle colline di Reggio Emilia. La famiglia di Bamil è indiana. Sono arrivati nel 1970. Hanno comprato questa terra perchè non valeva niente. Nel 2012 fanno uno scambio. Prestano gli immobili a una ditta. Loro sperimentano un robot agricolo. Dopo i test lo regalano come pagamento. Ne parla un trafiletto di Repubblica (intervista a Domenico Pessina). Il robot gestisce una stalla di trecento animali. Dà a ognuno un pasto personalizzato. Distribuisce medicinali dove precritti e pulisce. Meglio della cura manuale. Altri robot seguono. Uno che sceglie e raccoglie la frutta. Poi quello che guida il trattore. Infine il salto evolutivo. Ino, l'androide venduto a peso. Capace di apprendere. L'informazione cartacea relativa a queste cose finisc lì, nella pentola. Senza una ragione precisa. Man mano che si riempie succedono due cose. Il lavoro diminuisce e la ricchezza aumenta. Al momento della foto ricordo, quando la pentola è piena, la fattoria produce benissimo. Il lavoro tradizionale è scomparso. Sembra il paradiso invece è la ricchezza. Sembrare il paradiso senza esserlo non è un cattivo punto di partenza...

Il giornalista di Time 2.0 ha scelto una storia che racconta tutto. La ricchezza che nasce in modo nuovo. Va distribuita in modo nuovo. Alla fattoria è compito del padre, nella società è compito della politica. L'ozio "costruttivo" diventa importante come il lavoro. Ci definisce. Permette i consumi post materiali. Per soddisfare i quali il lavoro è rinato. Funziona così. Nella fattoria tutta la produzione è venduta. Si tolgono le spese e si mette da parte qualcosa. Il resto è diviso in parti uguali. Un salario sociale. Come la rete di un circo. Protegge dalla caduta. Permette i salti mortali sicuri. La sfida con se stessi. La crescita. Si può studiare una lingua antica e poi insegnarla come lavoro. Oppure scegliere la falegnameria, o l'aceto balsamico. L'elenco è infinito. Certo,c'è l'ozio che distrugge. L'alcolista che fa i danni che poi pagano gli astemi. Il rischio che è obbligatorio correre. Socrate, sotto l'albero, meditava. Socrate 2.0, con una tavoletta, potrebbe studiare, giocare o lavorare. I confini sono labili. Forse non ci sono più.

Si dice che Aristotele detestasse la tecnica. 'Perchè inventare cose nuove quando abbiamo tutto?'. Come esempio di felicità perfetta citava Socrate. Felice coi suoi soli pensieri. Seduto da solo all'ombra di un albero. Aristotele dimenticava una cosa. La civiltà greca era un miracolo ma non per tutti. Era riservata a 40.000 aristocratici. Che vivevano sul lavoro di 300.000 schiavi. Nessuna tecnologia è superiore a uno schiavo. Lo diceva, anni fa, il sociologo Domenico De Masi. Nel 2020 (per fortuna) questo non è più vero. Secondo Time 2.0 sono successe due cose. L'intelligenza artificiale degli androidi ha continuato a raddoppiare. Parallelamente è diventato sempre più facile 'parlare' con loro. Un robot del 2000 costava circa 100.000 dollari. Programmarlo costava circa 400.000 dollari. Solo gli ingegneri potevano farlo. Baxter, del 2012, fu il primo robot per il grande pubblico. Costava 22.000 dollari. Programmabile da chiunque con i gesti, gratis. L'androide Ino è venduto a peso e capisce i comandi vocali. Morale: gli androidi non sono l'equivalente dei lavoratori tradizionali. Quelli sono i robot. Sono gli equivalenti degli schiavi. Come vedremo in un fotomontaggio di Bamil all'ombra di un albero. Una raffinata semplicità zen. Possibile grazie agli androidi. Che erediteranno la fatica fisica oggi inflitta alle persone. Un Socrate 2.0

L'articolo prosegue. C'è un fotomontaggio. Ricalca il logo del Kindle, il lettore della Amazon. Dove si vede la sagoma di un ragazzo che legge sotto un albero. Qui la sagoma è quella di Bamil. Sotto c'è scritto: "Socrate 2.0". Alla fattoria si è passati dagli stenti agli ozi. Molto in fretta. Troppo. Il problema è: cosa fare della libertà e dell' abbondanza? Con i soldi ma senza lavoro, chi sono? Cosa faccio? L'articolo racconta quattro risposte. Quelle del padre, dello zio, della sorella e di Bamil stesso. Di Bamil ne parlerà a parte. Il padre fa,a nzi fa fare, tutto il lavoro pratico. Ai robot e agli androidi. Il tempo libero lo utilizza aggiornandosi. Lo zio le risposte non le ha trovate. Ha problemi di depressione e alcolismo. Una strada in salita ma non la fine della strada. La sorella è appassionata di storia. Studia ricette antiche. Ha usato gli androidi per fare un orto di piante medicinali. Ora, quello che succede all'economia della fattoria è quello che succede all'economia del mondo. Quello avanzato. E' quello di cui parla il libro ''Race against the machine''. Ma torniamo a Socrate 2.0...

La sorella di Bamil 'sceglie' di evitare la depressione. Di concentrarsi sulla parte mezza piena del bicchiere. Ci riesce grazie al carattere e ai suoi studi. Ha fatto un solo anno di liceo classico. Gli ha insegnato il gusto della lettura. Di selezionare le cose,metterle nel loro contesto. Analizzarle. E' quello che ha fatto con la sua vita. Ha capito che non erano solo cambiate le carte in tavola. Era cambiato il gioco. Il punto era questo: imparare le nuove regole non ancora scritte. In fretta. Da qui i nuovi studi di botanica, l'orto di piante rare e il liquore dalla ricetta segreta. Liquore che è, esso stesso, un prodotto culturale. Concretizza una cultura umanistica vecchia di millenni. Che è quella che lo distingue. Che lo rende un 'brand'. Facciamo una prova. Guardiamo all'economia open source, post industriale nel suo insieme. Prendiamo la sua scatola di montaggio. Togliamo il pezzo con l'etichetta 'cultura umanistica': Il giocattolo non funziona più. Su questo Time 2.0 è chiaro. Dice che la cultura per la società è come la velocità per la bicicletta. Quanto più è alta tanto meglio sta in piedi. Cultura non accademica: buone abitudini di lettura, consumo attento, selezione, critica. E' la cultura umanistica che rende possibile l'ozio costruttivo (non la specializzazione). E' l'ozio costruttivo che rende possibile il nuovo lavoro. Non una cosa frivola.

C'è un concetto che si intreccia con tutte le nostre storie. E' grande come un palazzo. Porta sulle spalle aspettative enormi. Si chiama 'open source'. E' il momento di conoscerlo. Immaginiamo una moneta antica. Passata da troppe mani. Il rilievo scompare. Difficile dire il valore. Meglio spiegare come funziona. Allora prendiamo un marciapiede. Su un lato un grattacielo in costruzione. Chiunque può entrare. Può posare anche un solo mattone. Il capocantiere è un software. Distribuisce il lavoro e controlla. Non è caotico. Se il mattone è messo bene il grattacielo cresce. Gli altri sono scartati. Tutto qua. Si raccoglie la ricchezza dispersa dei passanti. Questa è la sintesi estrema. Questo è Wikipedia. Una parte dell'open source. Torniamo al grattacielo. Alcuni passanti sono diversi. Sono professionisti. Non posano un mattone in modo banale. Ne posano mille in modo creativo. Ufficialmente gratis. In realtà il grattacielo è una vetrina. Ci si confronta.I bravi si fanno conoscere (vedete di cosa siamo capaci?). Una storia vecchia. Si chiama pubblicità. Bene per il grattacielo pubblico. Bene per loro. Guadagno solo dilazionato. Anche questo è open source. Questo è Linux. Non volontariato. Un modello di business alternativo. Eticamente neutro. Possibili bombe giocattolo open source. I puntini sulle i vanno messi!